’U strattu, l’oro rosso
Un miracolo gastronomico, che avviene in tutta la Sicilia, in particolar modo nella zona di Polizzi Generosa – piccolo borgo medievale nelle Madonie – e anche a Susafa, un’antica masseria oggi convertita in raffinati spazi per l’ospitalità, vero e proprio rifugio per l’anima.
Polizzi dal greco “polis”, e Generosa dal titolo concesso nel 1234 da Federico II di Svevia, in ragione della ricchezza del territorio. Qui è nato lo stilista Domenico Dolce; e di madre polizzana è pure il regista Martin Scorsese, sì quello di Taxi Driver, Toro scatenato, Quei bravi ragazzi, Hugo Cabret, ecc.
“Lassù nelle Madonie, che è il nome degli Appennini di Sicilia, il paese dei miei primi anni ha spazio. In tutto il gran scenario – oleandri lungo la valle classica, olivi di greppo in greppo, vette chiare calanti a schiera dagli acrocori del centro al mare, infine il mare d’Imera, tagliato a spicchio dietro l’ultima quinta – non si vede altra città o villaggio. Polizzi Generosa, drappeggiata nel suo superbo epiteto, torreggia sola.” (G. A. Borgese)
Ma torniamo al miracolo gastronomico di queste parti: stiamo parlando de “’u strattu”, un pezzo di cultura siciliana tramandata. Ce lo racconta la signora Maria, che durante ogni agosto alla Masseria Susafa si occupa di farlo, proprio come una volta.
“Fare ’u strattu era un rito al quale partecipavano tutti, gli adulti e i bambini, e si lavorava sodo per almeno tre giorni per non compromettere il risultato finale; prima di tutto bisognava comprendere quale fosse il giorno buono per iniziare, perché lo scirocco era il vento più temuto, e quello, il pomodoro, invece di farlo addensare, lo faceva inacidire…”
Il pomodoro, dunque! È lui il protagonista di questo miracolo di terra e di tradizione…
“I “picciriddi” curiosi scorrazzavano attorno agli uomini con le coppole scure e i fazzoletti neri legati sotto il mento, intenti a trainare buoi e cavalli col prezioso carico nelle sporte.
C’erano poi le “fimmine” dalle sapienti mani che lavavano e asciugavano i pomodori raccolti, li “scafazzavano” schiacciandoli, strizzandoli e lasciandoli quindi a macerare al sole per alcuni giorni; per poi spremere il composto ottenuto nelle “maidde” con le pareti in legno e il fondo bucherellato, e lasciarlo ancora ad asciugare al sole per qualche giorno.
Quindi, la passata veniva salata e stesa ancora sulle maidde ad asciugare, e quindi “riminata”, ossia rimescolata con dei cucchiai di legno, fino a renderla concentrata, di un rosso scuro assai invitante, sotto un velo di tessuto a ripararla dagli insetti.
Il pomodoro era pronto quando lo si poteva staccare dalla maidda senza lasciare lo sporco: la passata sembrava una marmellata. A quel punto la si conservava a “’o friscu” (al fresco) per stabilizzarla, e poi la si poneva in vasi di terracotta, sigillata con uno strato di olio per farla durare tutto l’anno.
Quando la si voleva utilizzare, si aggiungeva dell’acqua per farla tornare di nuovo una salsa morbida e cremosa… ancora oggi le polpette di melanzane che si fanno qui a Susafa, cotte con questo pomodoro ristretto, sono uno dei piatti più graditi della nostra cucina”.
Ecco cos’è “’u strattu”, l’oro rosso di Polizzi Generosa e di Susafa.
Susafa è il frutto della dedizione della famiglia Saeli-Rizzuto, proprietari e imprenditori agricoli che da cinque generazioni si impegnano a tramandare una centenaria e affascinante cultura contadina. Con particolare cura, dal 2008 Manfredi e Tommaso Saeli-Rizzuto accompagnano i propri ospiti ad immergersi nella vita di campagna sostituendo, con grande sapienza, all’austerità della vita di un tempo il comfort di un affascinante resort finemente allestito.
Se vorrete provare la ricetta per conto vostro, ricordate due cose.
La prima è che la storia di Maria è ben più lunga ed è stata romanzata con dovizia di dettagli dalla nostra scrittrice Daniela Cicchetta nel racconto scritto per Susafa: ’U STRATTU
La seconda è che vi mancherà sicuramente un fondamentale ingrediente segreto per raggiungere l’eccellenza di risultato che auspicate. Quale? Beh, la risposta è proprio nell’ultima frase del racconto suggerito, non ve la sveliamo… Buona lettura!